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Il bar del post terremoto ha una caratteristica di cui la maggior parte delle organizzazioni sono prive: non ha assunto (e forse non poteva assumere) la propria stabilità, durata, continuità nel tempo e conservazione come fondamentali caratteristiche che costituissero la propria identità e fossero necessarie perché l’azione di “bar del post terremoto” diventasse efficace. Anzi, è probabile il contrario. Questa caratteristica è quella che Lanzara (1993) considera più importante per distinguere quelle che definisce organizzazioni effimere dalle organizzazioni formali.

Storicamente i servizi sociali e sanitari si sono strutturati per aree di problemi, età o condizione, individuando ad esempio servizi per tossicodipendenti o persone con disabilità; per minori o per persone anziane; per immigrati o disoccupati. Al proprio interno hanno, poi, previsto diverse figure professionali afferenti all’ambito sanitario e sociale.

Le suddivisioni inscritte nelle strutture e nel funzionamento dei servizi si sono sedimentate e stabilizzate nel tempo perché, anche se non rispondono a esigenze di efficacia degli interventi, hanno avuto e hanno funzioni importanti per lo svolgimento del lavoro e per il mantenimento dell’insieme delle organizzazioni. (Olivetti Manoukian. (2005).

Quindi queste suddivisioni e compartimentazioni sono risultate indispensabili dal punto di vista organizzativo, della definizione dei servizi, della esplicitazione delle competenze professionali e della determinazione dell’attribuzione di risorse e organico. Nonostante questa necessarietà organizzativa che si è costruita e stratificata nel tempo, hanno creato frammentazione e difficoltà a individuare reali connessione tra operatori e, quindi, l’urgenza di riconoscere e costruire luoghi e momenti di ricomposizione e integrazione.

Una modalità spesso utilizzata per realizzare l’integrazione nei servizi è quella che Olivetti Manoukian (2005) definisce per giustapposizione. Un secondo modo per costruire integrazione nei e tra i servizi è quello per convergenze (Olivetti Monoukian, 2005): è possibile un lavoro diverso di integrazione, che non ripercorra il modello che propone routine organizzative fisse e predeterminate, provando a non assumere come veri e assoluti i propri quadri di riferimento, ma confrontandoli con gli altri e costruendo nuove rappresentazioni dei problemi da affrontare che facciano convergere tutti i soggetti coinvolti. È facile riconoscere in questa descrizione i concetti di loose coupled, enactment e sensemaking, visti nelle altre parti di questo post, che abbiamo visto messi in pratica nella costruzione dell’organizzazione effimera del bar del post terremoto.

Per la realizzazione di questo lavoro di integrazione per convergenze, Olivetti Manoukian, propone a sua volta un modello molto simile a quello delle organizzazioni effimere di Lanzara (1993): un’organizzazione temporanea e provvisoria che dura per un tempo limitato e che incrocia l’organizzazione stabilizzata dei servizi senza riprodurla necessariamente. […] L’organizzazione temporanea per il lavoro integrato ha quindi il suo punto di avvio in un investimento per arrivare tra operatori e tra servizi a delle letture e formulazioni dei problemi che non ripetano le definizioni diagnostiche già possedute da ciascuno e che permettano di individuare diversi obiettivi con diverse priorità. (Olivetti Manoukian, 2005)

Nelle organizzazioni temporanee l’investimento di tempo è dedicato soprattutto alla costruzione di problemi e obiettivi e oggetti di lavoro, con diverse responsabilità dipendenti da competenze e disponibilità reali, con attenzione e cura dei processi di comunicazione interni ed esterni che è compito di efficaci ruoli di coordinamento.

La differenza sostanziale tra i due tipi di integrazione è dove si pone l’accento: nel primo caso cade sulla definizione di ruoli e funzioni rispondenti all’organizzazione formale, nel secondo viene posto sulla costruzione di problemi e obiettivi e quindi sul processo. Analogamente a quanto è successo con l’esperienza del nostro barista, l’integrazione per convergenze attraverso organizzazioni temporanee, può dare luogo anche a riconfigurazioni e ridefinizioni dei servizi creative e innovative.


<terza parte Organizzazioni che lavorano con le persone 3. Senso e significato


Bibliografia

Bifulco, Lavinia (2002). Che cos’è una organizzazione. Roma: Carocci.
Catino, Maurizio (2009). Miopia organizzativa. Bologna: Il Mulino
Lanzara, Giovan Francesco (1993). Capacità negativa. Bologna: Il Mulino.
Olivetti Manoukian, Franca (2005). La costruzione di organizzazioni temporanee. In: Animazione Sociale, n°1
Olivetti Manoukian, Franca (1998). Produrre servizi. Lavorare con oggetti immateriali. Bologna: Il Mulino.
Ranci, Dela (2001). La relazione a legame debole nell’intervento sociale: aspetti teorici e tecnici. In: Prospettive sociali e sanitarie, n°4
Varchetta, Giuseppe (1997). Karl Weick: tra senso e significato. Introduzione all’edizione italiana di Weick, 1997.
Weick, Karl E. (1997). Senso e significato nell’organizzazione. Milano: Raffaello Cortina Editore
Weick, Karl E. (1993). Organizzare. Torino: UTET
Weick, Karl E. (1976). Educational Organizations as Loosely Coupled Systems. In: Administrative Science Quarterly, Vol. 21, No. 1
Zan, Stefano (2011). Le organizzazioni complesse. Roma: Carocci